Lingua_ da Claude Cahun

fotografie Margherita Masè

Crediti

progetto e performance Alessandra Cristiani
musiche originali Ivan Macera
musiche aggiuntive Alessandro Cortini
luce Gianni Staropoli

produzione PinDoc
coproduzione Teatro Akropolis
con il sostegno di Orbita Spellbound Centro Nazionale di Produzione della Danza, dell’Associazione Culturale Le Decadi
con il contributo di Mic, Regione Siciliana

un ringraziamento speciale alla compagnia DEHORS/AUDELA, allo spazio Gemma-scuola del corpo

Lingua_da Claude Cahun

L’arte non è un mezzo di fuga, ma un laboratorio performativo e performante dove il corpo si espone, mette in scena le sue latenze, l’intuizione di nature altre. Quale è la lingua che meglio cattura o si fa canale, passaggio, anche solo sporadico di segni eloquenti, di anomalie perturbanti non riducibili all’ordinario? Quale sprofondamento corporeo può essere convocato per facilitare l’emersione di nodi vitali, zone porose? Se non ci fosse la negoziazione dell’atto della comunicazione, chi avrebbe il coraggio di annunciare i propri demoni, i propri angeli? Scorgo una terra sconosciuta e magnetica nel confine come luogo al margine del senso e dell’azione.

Trilogia

La questione del linguaggio corporeo e l’arte di A. Mendieta, C. Cahun, S. Moon

Artisti coinvolti: Gianluca Misiti, Ivan Macera, Gianni Staropoli, Samantha Marenzi, Alberto Canu, Alessandra Cristiani

La passata Trilogia_La questione del corpo e l’arte di E. Schiele, F. Bacon, A. Rodin può considerarsi la madre, il campo magnetico dal quale dedurre un ulteriore orizzonte, una rinnovata tensione al performativo. La questione del linguaggio corporeo nell’arte di A. Mendieta, C. Cahun, S. Moon, è l’elemento figlio, lo sguardo declinato al femminile gettato sul contemporaneo.
La corporeità indaga criticamente il linguaggio d'arte come mezzo espressivo, sottopone a interrogazione l’artificio, il congegno, la rete, il recinto. Quale è la condizione, il passo familiare e l’inciampo, che meglio può convocare la propria natura viva, identitaria? In che modo il misterioso radicamento carnale legittima l’efficacia della rappresentazione? È possibile intercettare zone di collasso e di confine nel transito percettivo tra la performance e la modalità installativa? Quale è il luogo in cui stare? Quale è il corpo da stanare? L’Ankoku Butō nell’immenso materiale di pensiero, pratiche e poetiche da lui germinate, è a fondamento del percorso creativo per la capacità che ha di rendere urgente e necessario dissentire dal codice.