Caduta la neve - da Sarah Moon

fotografie Gianni Staropoli

Crediti

progetto e performance Alessandra Cristiani
musica e suono Gianluca Misiti
progetto luce Gianni Staropoli
tecnico luce Lucia Ferrero
oggetto di scena Francesca Innocenzi

produzione PinDoc
coproduzione Teatro Akropolis, Triangolo Scaleno Teatro
con il sostegno del Festival Danae | Teatro delle Moire, dell’Associazione Culturale Le Decadi
con il contributo di Mic, Regione Siciliana

Caduta la neve- da Sarah Moon

“Il sogno è finito? Il sogno è finito!”
Ci sentiamo colpire verticalmente dalle frecce di Cupido: le immagini, ma noi stessi siamo fatti di immagini, crocevia di segni, sensi, luoghi, dimensioni, colori. L’Immagine che ci anima ha il tempo di una fragilità. Forse il sogno è possibile fiutarlo per l’incedere di un’ombra, che lo segue come fosse una coda animale, celata dietro di sé, alle sue spalle. Al passaggio di ogni evento, ad ogni epifania, si dovrebbe sostare in un angolo di tempo senza metrica. Soglia e rifugio. Essere immersi nella sua eco, nel fermento dei silenzi che ne derivano. È un nuovo sogno. Attendere che qualcosa prenda corpo e “ci metta nel mezzo di una verità”.

Trilogia

La questione del linguaggio corporeo e l’arte di A. Mendieta, C. Cahun, S. Moon

Artisti coinvolti: Gianluca Misiti, Ivan Macera, Gianni Staropoli, Samantha Marenzi, Alberto Canu, Alessandra Cristiani

La passata Trilogia_La questione del corpo e l’arte di E. Schiele, F. Bacon, A. Rodin può considerarsi la madre, il campo magnetico dal quale dedurre un ulteriore orizzonte, una rinnovata tensione al performativo. La questione del linguaggio corporeo nell’arte di A. Mendieta, C. Cahun, S. Moon, è l’elemento figlio, lo sguardo declinato al femminile gettato sul contemporaneo.
La corporeità indaga criticamente il linguaggio d'arte come mezzo espressivo, sottopone a interrogazione l’artificio, il congegno, la rete, il recinto. Quale è la condizione, il passo familiare e l’inciampo, che meglio può convocare la propria natura viva, identitaria? In che modo il misterioso radicamento carnale legittima l’efficacia della rappresentazione? È possibile intercettare zone di collasso e di confine nel transito percettivo tra la performance e la modalità installativa? Quale è il luogo in cui stare? Quale è il corpo da stanare? L’Ankoku Butō nell’immenso materiale di pensiero, pratiche e poetiche da lui germinate, è a fondamento del percorso creativo per la capacità che ha di rendere urgente e necessario dissentire dal codice.